Ipotesi di violenza sul posto di Lavoro

Le molestie in ambito lavorativo: profili normativi e giurisprudenziali

DEFINIZIONE DI MOLESTIA
Il codice delle pari opportunità definisce molestia sessuale qualsiasi comportamento di carattere sessuale,o basato sul genere, che sia indesiderato da chi lo subisce e ne offenda la dignità. Tale definizione, peraltro, aiuta a chiarire le differenze con fattispecie confinanti, quali la violenza sessuale, i maltrattamenti, o gli atti persecutori (cd “stalking”).
Le molestie sessuali sono un illecito cd plurioffensivo, in quanto vanno a ledere beni giuridici differenti,quali la libertà personale, la libertà sessuale, la dignità umana, l’integrità psico-fisica.

LA MOLESTIA IN AMBITO LAVORATIVO
Se connesse con il lavoro, tali molestie assumono un connotato ulteriore, andando a colpire un ulteriorebene giuridico della vittima: il diritto al lavoro. Infatti le molestie sessuali su lavoro sono quellecondotteposte in essere per motivi legati alla sfera sessuale, con l’obbiettivo o comunque la conseguenzadiviolarela dignità di un lavoratore, creando un clima umiliante, ostile, intimidatorio o degradantesulpostodilavoro (in questo senso, occorre fare attenzione a distinguere le molestie dal cd. mobbing).

CENNI RIGUARDO ALLA NORMATIVA E GIURISPRUDENZA CIVILE 
Riguardo al diritto civile, l’art. 2087del Codice civile prevede “un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l’integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore”.
E in attuazione di questo obbligo generale, il d.lvo 81/2008- Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – all’articolo 28, “ha collocato, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli “riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cuiquelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere”.

Inoltre l’articolo 26 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (c.d. codice delle pari opportunità tra uomo e donna) sancisce “una equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere.
Le molestie sessuali sono, infatti, identificate come discriminazioni costituite da ‘quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo’.
Questa parificazione consente l’estensione alle molestie della disciplina e della tutela previste per le discriminazioni, in modo particolare, per quanto riguarda i meccanismi processuali e sanzionatori”.

In particolare – riporta il documento – “l’equiparazione tra molestie sessuali e discriminazione di genere èconsiderata estesa anche al regime probatorio previsto dall’art. 40 del codice delle pari opportunità, secondo cui qualora il ricorrente fornisca elementi di fatto (idonei a fondare la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, l’onere della prova spetta al convenuto che deve dimostrarne l’insussistenza”.
Si ricorda poi che, più recentemente, “la legge 27 dicembre 2017, n. 205 ha modificato l’articolo 26, inserendovi due nuovi commi”.
Il primo (comma 3-bis) prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda.
Si stabilisce che la lavoratrice o il lavoratore che agisca in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere: sanzionato, demansionato, licenziato, trasferitoo sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa.
L’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante”.
Da ultimo si ricorda poi che il nuovo comma 3-ter dell’articolo 26 del codice delle pari opportunità “precisa come obbligo del datore di lavoro, ai sensi del art. 2087 c.c., sia quello di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche

concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie nei luoghi di lavoro 

CENNI RIGUARDO AL PROFILO PENALE
Riguardo poi al profilo penalesi evidenzia che l’ordinamento italiano non prevede una fattispecie ad hoc riguardo ai reati. Infatti a livello giurisprudenziale le molestie sessuali sul lavoro sono state, a seconda della gravità e delle modalità dei comportamenti molesti, sussunte in vari reati. Per molestia si deve intendere ogni attività che alteri dolorosamente l’equilibrio psico-fisico normale di una persona. Tale definizione dottrinale del concetto di molestia è stata peraltro ripresa dalla giurisprudenza, secondo cui tale elemento è costituito da tutto ciò che altera dolosamente, fastidiosamente e importunamente lo stato psichico di una persona, con azione durevole o momentanea.
E nei casi di molestie più gravi, la giurisprudenza ha ritenuto integrato il reato di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis c.p.
Nel caso poi in cui la molestia sul lavoro “si sia concretizzata nel ricattare la lavoratrice, ponendola ripetutamente di fronte alla scelta tra il sottomettersi alle avances e il perdere il posto di lavoro, è stato ritenuto integrato il reato di “violenza privata”.
Ancora, il datore di lavoro può essere responsabile anche nel caso in cui le molestie sessuali siano commesse da altri soggetti come i superiori gerarchici della dipendente. In tal caso, però, la sua responsabilità è solo civile e limitata al risarcimento del danno ovvero alla summenzionata reintegrazione nel posto di lavoro.
Nel caso invece in cui l’autore delle molestie sia proprio il datore di lavoro, lo stesso si renderàresponsabile penalmente e, quindi, sarà tenuto a risarcire non solo il danno biologico, ma anche il danno morale patito dal dipendente.
E sul piano probatorio, la lavoratrice può utilizzare, come prova, le registrazioni acquisite sull’ambiente di lavoro.
Il giudice però può arrivare a una sentenza di condanna del datore anche sulla base delle semplici dichiarazioni della dipendente la quale può testimoniare in favore di sé stessa.

Da ultimo si ricorda che secondo la Cassazione, “la rinuncia della dipendente a un sicuro posto di lavoro può considerarsi un comportamento concludente tale da confermare le molestie sessuali sul luogo di lavoro”.

CONCLUSIONI 
Nonostante la disciplina in materia, nella società odierna, purtroppo, le discriminazioni esistono e si evidenziano maggiormente in determinati momenti. Oggi tutto il mondo è alle prese con la lotta al Covid-19, e la difficoltà e le preoccupazioni per tutte le comunità prendono il sopravvento rispetto ad altre problematiche.
La pandemia e le misure di contenimento stanno colpendo tutti, senza eccezioni. Eppure, le donne dovranno maggiormente, rispetto agli uomini, subire una serie di conseguenze imposte dalle misure contenitive.
Molti potrebbero pensare che quello della disparità tra uomo e donna non sia un problema presente in tutte le società. Rispetto ad anni fa le donne lavorano quasi tutte, hanno la possibilità di scegliere la propria strada, di divorziare e di vestire come meglio credono. Si tratta senza
dubbio di conquiste importanti, che tuttavia non annullano del tutto le differenze di genere ancora presenti anche in Occidente.
Ciò che occorre è senz’altro una politica che stimoli l’informazione e la stampa a tenere sistematicamente conto della parità di genere, ma occorre anche indirizzare l’attenzione sull’istruzione perché si inizi un percorso educativo fondato sulla parità I rigidi ruoli di genere possono infatti ostacolare le scelte individuali e limitare il potenziale delle future donne e dei futuri uomini. Il potenziale e i talenti delle donne devono essere utilizzati più largamente e più efficacemente.

Pertanto, sarebbe auspicabile una maggiore attenzione, anche nei casi di urgenza e di necessità, alla questione della parità di genere.
Avv. Michela Cerini